Ciao!
Questo mese torno con una piccola incursione nel mondo delle #psicocose, nello specifico, vorrei proporvi una riflessione sul narcisismo. E’ un tema che frequentemente compare nel mio feed Instagram e che spesso torna nelle domande che le persone mi rivolgono in DM. Se da un lato, credo che parlare di narcisismo sia importante e consenta di arricchire la conoscenza del nostro mondo interiore, dall’altro, ritengo, a mio sindacabile parere, che alcune narrazioni mediatiche presentino una semplificazione tale da generare una distorsione concettuale, che facilita processi di stereotipizzazione di una dimensione umana e stigmatizzazione di una condizione clinica. Perché dico questo? Perché il narcisismo non è il disturbo di personalità narcisistico. Il narcisismo non è sinonimo di mascolinità egemone e a cascata, il Narcisista (rigorosa la N maiuscola) non è un unicum che vive di relazioni tossiche.
Un passo alla volta, partiamo dalla definizione del costrutto di narcisismo.
Lingiardi scrive in Arcipelago N (2021):
Siamo tutti narcisisti, ma non allo stesso modo. E non tutti abbiamo un disturbo di personalità narcisistico. […] Pieno di sfumature e riflessi, il narcisismo è un arcipelago di possibilità. (p. VII)
Poche parole brevi e concise che rendono immediatamente chiaro come parlare di narcisismo implichi prendere in considerazione il tema della complessità.
Lingiardi definisce il narcisismo (sano) come una forma di amor proprio, che si fonda sulla percezione del nostro valore, sulla capacità di regolare l’autostima e di tollerare le frustrazioni. Proprio perché mi conosco e mi ri-conosco come persona senziente con aspirazioni, desideri, emozioni, bisogni, capacità e limiti, posso entrare in relazione con una persona altra da me. La dimensione del narcisismo consente, dunque, di effettuare un’operazione di sintesi costruttiva tra l’auto-osservazione e la percezione dello sguardo altrui su di noi, tra il bisogno di validazione e la possibilità di farne a meno, tra il bisogno di ricevere amore e la possibilità di dare amore. In questo senso, il narcisismo aiuta a essere in relazione in primis con il nostro mondo interiore e, di conseguenza, con i mondi interiori delle persone che incontriamo. Narcisismo, interdipendenza e reciprocità risultano essere, quindi, aspetti interconnessi che si mescolano in un un circolo virtuoso. Lingiardi scrive:
[…] Riguarda la nostra capacità di guardare se lo specchio, oltre a noi stessi, riflette qualcun altro. Di solito ci sono altre persone: se non le vediamo è un problema. (p.22)
Dunque, ora proviamo a immaginare il narcisismo come un continuum, che a seconda dei dosaggi descrive esperienze interiori qualitativamente diverse: troppo o troppo poco fattore N ci spiega la possibilità di passare da un narcisismo sano (N q.b.), a uno stile narcisistico ove sono presenti alcuni tratti che non interferiscono con la nostra vita psichica o relazionale, a un disturbo di personalità narcisistico.
Secondo il DSM-5, il disturbo di personalità è definibile come un “un pattern costante di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce nell’adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo e determina disagio e menomazione.” Il disturbo di personalità narcisistico è uno dei disturbi di personalità che rientra nella nomenclatura del DSM: nello specifico, vengono descritti gli assetti personologici caratterizzati da grandiosità, bisogno di ammirazione e mancanza di empatia. Ma questa non è la sola presentazione possibile, esistono persone che potremmo definire dalla pelle sottile, che vivono un costante senso di inadeguatezza, incompetenza e inefficacia. Appaiano timide, timorose e terrorizzate dall’evenienza di una critica negativa, nutrono spesso un’ideazione ipocondriaca e fantasie recondite di onnipotenza e rivalsa. In estrema sintesi, possiamo dire che le persone con importanti fluttuazioni dell’autostima (siano esse verso il basso, siano esse verso l’alto) condividono un nucleo fatto di disvalore, inadeguatezza e vergogna. La differenza nella presentazione risulta dalla modalità difensiva, nonché disfunzionale, di fronteggiare tale sentire: in alcuni casi tramite un senso di sé ipertrofico, in altri tramite un moto costantemente svalutante diretto all’interno. Questa è una descrizione sommaria della patologia legata al narcisismo, a seguire trovate un’illustrazione di Lingiardi che si addentra nella variabilità delle manifestazioni cliniche (a cui, tra l’altro, sono associate prognosi diverse a seconda del quadro, come studiato da Michael Stone).
Dopo questa lunga ma necessaria premessa, abbiamo visto come parlare di narcisismo non equivalga al parlare di disturbo di personalità narcisistico. Torno ora sulla questione della narrazione mediatica del narcisismo. Molto spesso viene rappresentata una lista di criteri che ricalcano il lavoro del manuale DSM. A mio parere, tali liste presentate in modo decontestualizzato sembrano aver creato il topos de Il Narcisista, ovvero il maschio manipolatore (scelgo intenzionalmente queste parole).
Porre attenzione sulle dinamiche legate alla violenza di genere e alla violenza domestica è fondamentale. Come credo sia indispensabile decostruire molti aspetti che possiamo aver introiettato in quanto persone che abitano e sono cresciute all’interno di una cultura a stampo patriarcale, ma c’è un ma.
Non possiamo ridurre la narrazione di queste dinamiche (tossiche come si suol dire) a una nuova caccia alle streghe, stigmatizzando una condizione clinica: non stiamo rendendo un buon servizio ad alcuna causa, né a quella della salute mentale né a quella legata alla violenza di genere. Anzi il rischio è quello di perpetuare una visione binaria, divisiva, che confonde il contenitore per il contenuto. Semplificare non equivale sminuire o svuotare una situazione di complessità.
Sempre a mio modestissimo parere, parlare di relazioni tossiche (nomenclatura mai letta in alcun manuale, pronta a ricredermi), crea copioni fissi e rigidi, che limitano la visione all’esistenza di carnefici e vittime, buoni e cattivi, persone manipolatorie e manipolate e che appiattiscono a un’unica rappresentazione una miriade di storie diverse. L’attenzione si sposta sul Narcisista, sulle red flag che sbandiera e sui suoi comportamenti. Non tutte le relazioni in difficoltà non funzionano perché c’è un Narcisista: torniamo a riporre l’attenzione sul nostro sentire, su quali bisogni siano attivi nel farci rimanere o nel sentire la necessità di chiudere una relazione. Partendo da noi, sapremo come proseguire, lo vedevamo poco sopra. E non tutte le relazioni abusanti mostrano i pattern descritti dalle relazioni tossiche. Qui sta la complessità, che non può risolversi nella stigmatizzazione di una condizione clinica, laddove sia presente, e la colpevolizzazione implicita e sottile della persona rappresentata come vittima.
Le parole che utilizziamo plasmano e significano la nostra stessa esperienza di noi e di noi in relazione al mondo. Riconoscere la complessità laddove sembra essere negata è un atto necessario, per noi e per le persone che ci attorniano.
Grazie per il tempo che avete speso qui. Spero di aver offerto alcuni spunti di riflessione su un tema tanto ampio e complesso. Qualora non sia stata chiara o abbiate idee da condividere, non esitate a scrivere qui sotto o in dm.
A presto, ci sentiamo il 16.05 con la sesta uscita di Vside e prossimamente con altre #psicocose.
Bibliografia:
N.d.A. Se interessa l’argomento, consiglio vivamente la lettura del saggio di Lingiardi. Gli altri testi da cui ho tratto spunto per questo scritto sono manuali tecnici. Menzionarli, per me, è fondamentale, in quanto mi è stato ben insegnato - quando facevo ricerca - che le fonti si devono citare e, secondariamente, per darvi un’idea di alcuni dei miei autori di riferimento. Tra queste parole e in seduta con me, ci sono anche i miei supervisori del tempo della scuola di specializzazione: Prof. A. Semerari e Prof. R. Lorenzini. A loro un grazie speciale.
Infine, vi consiglio di seguire su Instagram il Prof. Giancarlo Dimaggio che svolge un lavoro divulgativo sui disturbi di personalità estremamente chiaro e necessario.
Inoltre mi chiedo: questa caccia al narcisista non può avere come effetto negativo quello di allontanare tante persone dalla psicoterapia per paura di essere giudicate?