Ciao!
Vside è tornata e questo mese indossa una veste introspettiva: a metà tra uno stream of consciousness e una reinterpretazione del fil rouge delle proposte odierne, ovvero uno strano modo di vivere. In questo flusso, sono accompagnata da un’ospite pazzeska: Elisa Sipio, amica, nonché dottoressa specialista in ginecologia e sessuologia, che con i suoi suggerimenti ci offre la sponda per un bel trip mentale. Pronty? Partenza, via!
Buona lettura e fluttuate con noi.
Da ascoltare
Morgana, Michela Murgia: non mi era mai capitato di riascoltare un episodio di un podcast, fino a quando sono incappata nella puntata del 17 settembre 2023 di Morgana, in cui diverse persone raccontano l’incontro nelle loro vite con Murgia e il suo lascito. Ho apprezzato le parole di Missiroli, mentre sono uscita devastata dal racconto di Saviano, che ho sentito molto dolorante. L’intervento che più mi ha colpito è stato quello di Lorenzo Terenzi, che ha ricordato le risate liberatorie e i “simposi” con Murgia, sui temi più disparati, incluse le relazioni. Idealizzazione e performatività di un modello relazionale a cui aderire sembrano soffocare i rapporti odierni e le persone che li vivono, legami che non lasciano spazio all’essere e allo stare per come pensato e desiderato dalle persone coinvolte. Queste riflessioni mi hanno ricordato le domande di M.J. Barker: come intendiamo le relazioni? Cosa vogliamo per noi? Saliamo senza porci domande sulla scala mobile relazionale (come scrive Barker in Rewriting the rules), il cui percorso è unico, nonché già tracciato verso specifiche tappe scandite dal tempo (e che sembrerebbero pure sancire il nostro valore) o vogliamo provare a costruire il nostro modo di essere e stare in relazione (non solo romantica, aggiungerei)? Posto che sia più che lecito salire su quella scala mobile, penso che il valore aggiunto stia nel chiedersi se tale scala mi porti o meno al piano o ai piani desiderati. E non prescritti.
Da leggere
Senza mai arrivare in cima: di Paolo Cognetti (2018). L’autore racconta il suo cammino attraverso le valli nepalesi al cospetto delle vette Himalayane. Un racconto fatto di incontri, amici, mal di montagna e la rilettura costante de Il leopardo delle nevi di Peter Mathaussien. Racconto denso di riflessioni personali e schizzi (grafici e letterali) del panorama circostante, intaccato (?!) da un turismo occidentale che attraversa senza guardare e che tende all’ottenimento. Di cosa?
Pensai che l’Himalaya, come Sete, si ribellava alle nostre misurazioni. Mi accorsi che già nel dire guadagnare e perdere c’è un senso economico tutto occidentale nell’andare in montagna, dove quota e distanza sono capitali che accumuliamo con la nostra fatica, e non ci piace per nulla sprecare l’investimento.
Un approccio performativo alla montagna: non avevo mai pensato a questa sfumatura legata all’idea di “conquistare” una vetta. Questa illuminazione mi ha riportato alla dimensione produttiva e performativa che spesso, più o meno consapevolmente, permea l’esperienza del quotidiano, di come lo si possa vivere, esperire e, conseguentemente, narrare. Come voglio vivere la montagna? Ma anche, come voglio vivere le relazioni? (vedi sopra, tutto torna). Sicuro, non performando, ma trovando il mio senso. E il mio passo.
In tutto questo, io aspetto il 24 ottobre, data in cui uscirà il nuovo romanzo dell’autore.
Da vedere
Strange way of life: di Pedro Almodóvar (2023), presentato fuori concorso al 76º Festival di Cannes, con Ethan Hawke, Pedro Pascal, Manu Ríos e Pedro Casablanc. Come dice il regista Vicente Molina Foix, la pellicola rispetta tutti i canoni di una perfetto “almodramma”, seppure in versione cortometraggio: amore, conflitto, passione, relazione padre - figlio e flashback di un passato frizzantino. Il tutto vestito da Saint Laurent e condito da sensualità e dalla tanta polvere del deserto di Tabernas. Trenta minuti che volano, per quanto non abbia mai associato il concetto di scorrevolezza a un Western e che mi hanno fatto esclamare: “No!” alla comparsa dei titoli di coda (andatelo a vedere per scoprire il perché). Quanto me lo sono goduto!
P.S.: è appena uscita l’autobiografia di Pedro: L’ultimo sogno. E’ il prossimo libro che mi aspetta, sono estremamente curiosa di addentrarmi tra questa pagine. Ecco un piccolo assaggio dall’incipit:
"Non ho mai tenuto un diario e quando ci ho provato non sono andato oltre la seconda pagina; tuttavia, questo libro testimonia la mia prima contraddizione. È quanto di più simile a un'autobiografia frammentata, incompleta e un po' criptica."
Ri-scatti. Chiamami con il mio nome: dal 7.10 al 5.11.2023, PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano). Rassegna fotografica organizzata dall’associazione di volontariato Ri-scatti ODV che presenta le storie di 16 persone transgender e non binary. Attraverso la lente di una macchina fotografica, le persone si raccontano e si rappresentano, portando la propria identità e le proprie esperienza di vita.
La mostra, a ingresso gratuito, è organizzata in collaborazione con l’Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere (ACET) e l’Associazione ALA Milano.
Da vedere.
Amichetty
L’ospite di ottobre è la D.ssa Elisa Sipio, ginecologa e consulente sessuale, nonché, a mio modestissimo parere, capacissima divulgatrice (qui il suo account IG, un must have). Stimo Elisa per il suo lavoro, per come lo svolge e per come lo comunica. E’ una persona che sono felice di aver incontrato grazie a un percorso di formazione comune e che, oltre a quanto menzionato, mi ha permesso di scoprire un’amica con cui condividere molte passioni, ma di questo ne leggerete a breve. Dunque, la parola a Elisa.
Non è per sempre: Afterhours. Una canzone che parla di cambiamento, di quanto a volte faccia paura, di responsabilità che abbiamo nel non subire ciò che ci fa soffrire, di quanto a volte si finga di stare bene perchè sembra la strada più facile. Manuel racconta quella paura, molto umana, di guardare in faccia la potenzialità delle nostre azioni, di non restare fermi a compiangersi, cosa che è più funzionale al sistema ma che produce sofferenza.
"Ma tu rifiuti di ascoltare ogni segnale che ti può cambiare, perché ti fa paura quello che succederà se poi ti senti uguale"
Attraversare i muri: autobiografia di Marina Abramovic. Questa è la storia di un'artista che non ha mai smesso di cercare, di sperimentare, di andare oltre, di superare quei limiti che ci troviamo dentro perché voluti da qualcun altro. Altro che paura del cambiamento, lei ha fatto della continua ricerca la sua vita, ricerca di qualcosa di destabilizzante, disturbante, ma trasformativo, Non ha mai cercato di gratificare il desiderio del pubblico, piuttosto di andare a fondo, di andare oltre, di affrontare la paura, senza sottrarsi alla vulnerabilità.
“Se vediamo l’arte come qualcosa di isolato, di sacro e di separato da tutto, significa che non è vita. Mentre l’arte deve essere parte della vita, deve essere di tutti." Marina Abramovic.
Siamo foresta: mostra (che sta per terminare) alla Triennale Milano. La mostra parla di foresta e di ciò ch simbolicamente rappresenta, luogo egualitario e non gerarchico in cui prolifera la vita, non a servizio degli umani, piuttosto in armonia "orizzontale". Mi ha colpito la rilevanza data all'arte delle popolazioni indigene, spesso considerata marginale e "minore", sicuramente non accademica, non formata secondo i canoni occidentali. Dai lavori esposti emerge però che le comunità indigene hanno tantissimo da insegnare, anche in merito alle sfide globali che continuiamo a trattare come "cose da occidentali", cose su cui ne sappiamo di più, che solo noi possiamo gestire. La foresta è un sistema
de-centralizzato e non gerarchico, visione che ha molto da dire circa le sfide socio-politiche moderne, e che soprattutto mette in discussione l'antropocentrismo che abbiamo tutti interiorizzato.
Grazie Elisa, non solo ci hai offerto suggerimenti di un certo livello (cit.),
ma ci hai anche fornito la possibilità di effettuare un gruppo di autocoscienza collettiva! Grazie di tutto, dall’amicizia al tuo lavoro, per me, inestimabile.
Infine, grazie a voi come sempre per il vostro tempo speso qui. Vi aspetto nei commenti.
Non lesinate nel diffondere questa newsletter, qualora la apprezziate. Ci sentiamo a novembre!
A presto,
Vitto
Gli Afterhours!!!! Urlo!!! Il mio gruppo prefe quando avevo 16 anni. E sono rimasto ancora là!